E’ l’ultimo pezzo d’Italia e d’Europa più a sud del Mediterraneo.
Più vicina alle coste africane che a quelle italiane (60 miglia dalla Tunisia e 120 miglia dalla Sicilia), Lampedusa conta 6000 abitanti d’inverno (possono arrivare a 30.000 con il turismo estivo) e si estende per poco più di 20 km quadrati; molto frastagliati lungo la costa, a picco sul mare in alcune baie e con una vegetazione forte che racconta il profondo legame geologico con il continente africano.
Torna a essere famosa involontariamente ogni anno in primavera perché prima tappa del viaggio disperato dei tanti migranti che, nel tentativo di raggiungere l’Europa, attraversano il Canale di Sicilia.
Gli arrivi e gli sbarchi, in estate spesso quotidiani, sono praticamente invisibili agli occhi meno attenti dei turisti.
Con l’ospitalità tipica dei posti in cui il sole brucia, a Lampedusa lo stato di frontiera convive con le difficoltà che un luogo in mare aperto - a 8 ore di nave dal più vicino porto siciliano - prova a gestire nel quotidiano.
Non è un’isola elegante. In alcuni punti sembra uscita da un bombardamento recente, in altri è di quelle bellezze languide che non si può smettere di fissare e volere. Insieme alla vicina Linosa, è stata classificata riserva naturale per alcune rare specie vegetali e animali ospitate e per il suo interesse naturalistico-ambientale, su cui spicca la spiaggia dei conigli.
In questo contesto la presenza delle numerose infrastrutture militari - concentrate soprattutto nella parte più occidentale dell’isola - caratterizza l’ennesimo contrasto di un’isola complessa.
Il reportage racconta Lampedusa, le sue difficoltà e la solitudine di un’isola generosa spesso teatralmente strumentalizzata dalle campagne elettorali di turno e la cui gestione è affidata all’amministrazione locale che si sforza di colmare la colpevole assenza statale.